Il paradosso della giustizia nell'Ippia Minore di Platone: Solo il giusto può commettere ingiustizia volontariamente
Salesianum vol. 78 (2016) n. 3, 389-404
Sezione: Studia
Sommario
Nella polis greca antica la giustizia è necessaria alla vita sociale. Nel passaggio dal periodo arcaico al periodo classico, muta anche la concezione della giustizia. Da rimedio ad un torto diventa principio di comportamento retto. Per i Sofisti il riferimento è alla natura come istinto, per Socrate alla legge positiva come espressione del bene della città. Nell’Ippia minore Socrate sostiene il paradosso che chi mente volontariamente è migliore di chi mente involontariamente. L’interlocutore Ippia lo ritiene inaccettabile e successivamente Aristotele lo risolve distinguendo tra arte e virtù. Platone difende il paradosso socratico sia per evitare le distorsioni dei Sofisti sia per aiutare a sviluppare un legame forte tra sapere e giustizia.
Abstract
In the Greek polis justice needs to Social life. In the crossing from Archaic age to Classical age the conception of justice changes. From remedy of a wrong it becomes principle of right behaviour. For the Sophists the reference is to nature as instinct, for Socrates it is to positive law as expression of city’s well. In Lesser Hippias Socrates maintains the paradox the person who lies voluntarily is better than who lies involuntarily. The interlocutor Hippias considers that unacceptable and Aristotle resolves that paradox making out the difference between art and virtue. Plato supports the Socratic paradox to avoid the Sophists’ distortions and to help to develop a strong connection between knowledge and justice.